Nel 2021 le immatricolazioni di autovetture in Italia toccheranno quota 1.460.000 con un calo del 23,8% sul 2019 e una modestissima crescita sul risultato estremamente depresso del 2020 (5,7%). Lo ha dichiarato Gian Primo Quagliano, Presidente del Centro Studi Promotor nella 29^ conferenza annuale del Centro Studi Promotor, che si è tenuta questa mattina a Bologna.
Alla conferenza stampa ha partecipato anche Luca Patanè Presidente del Gruppo Uvet, di cui il Centro Studi Promotor è entrato a far parte nel 2020, mantenendo l’assoluta indipendenza di giudizio che ha caratterizzato le sue analisi e la sua comunicazione dalla sua fondazione (1993) ad oggi.
Il Presidente Patanè nel suo intervento ha dichiarato che il settore dell’auto, come d’altra parte quello del turismo in cui il Gruppo Uvet ha una fortissima presenza, hanno subito per la pandemia cali molto più consistenti di quello dell’economia italiana nel suo complesso e ha espresso la fiducia che il pieno recupero per il turismo sia a portata di mano mentre per l’automobile l’aggiungersi della crisi dei microchip alle molte altre difficoltà che hanno caratterizzato la sua attività nel periodo della pandemia influirà pesantemente sulla ripresa nel 2022 che sarà limitata a qualche punto percentuale.
Gian Primo Quagliano oltre alla previsione per il 2021 ha presentato anche la previsione del Centro Studi Promotor per il 2022 ipotizzando un volume di immatricolazioni dell’ordine di 1.500.000 unità e cioè, per il terzo anno consecutivo un livello di immatricolazioni assolutamente depresso e del tutto inadeguato a soddisfare la normale domanda di sostituzione del parco circolante, che è già tra i più vecchi d’Europa con tutto quello che ne consegue in termini di inquinamento e di sicurezza stradale. Le cause del basso volume di vendite di auto previsto dal CSP per il 2022 sono in parte le stesse che hanno inciso pesantemente sul risultato del 2021 e cioè la pandemia, la debolezza del quadro economico (anche se in recupero), l’insufficiente sostegno alla domanda degli incentivi statali e la crisi dei microchip. Per il 2022 non sono al momento previsti incentivi statali, ma il modesto sostegno alla domanda che nel 2021 è venuto dagli incentivi statali nel 2022 dovrebbe essere sostituito da un miglioramento del quadro economico. La situazione del mercato italiano dell’auto resta comunque critica, nel triennio 2020-2022 verranno immatricolate 4.341.646 autovetture. Per evitare un ulteriore invecchiamento del parco circolante sarebbe necessario immatricolarne 6 milioni.
Per uscire da questa catastrofica situazione il CSP, nel corso della conferenza stampa di questa mattina, ha proposto che il Governo vari subito un piano triennale per l’acquisto di nuove auto euro 6d con rottamazione di un’auto di oltre 10 anni d’età e per l’acquisto, con o senza rottamazione, di auto elettriche o a basso impatto. Come è stato già fatto in altri paesi europei, Governo e Parlamento, dopo i proclami che hanno messo al bando le auto a combustione interna dal 2035, dovrebbero varare subito un piano organico per la transizione all’elettrico che fosse immediatamente operativo, oltre che per gli incentivi agli acquisti di auto, elettriche e non, anche per varare sostegni per lo sviluppo della rete di ricarica, per l’adeguamento della normativa vigente alle esigenze dello sviluppo della rete di ricarica e per la corretta informazione degli utenti. Governo e Parlamento dovrebbero poi mettere immediatamente a fuoco anche le soluzioni per compensare l’impatto negativo della transizione all’elettrico sull’occupazione e in genere sulle attività produttive. Il Governo dovrebbe poi indicare anche le soluzioni per far fronte al maggior fabbisogno di elettricità esclusivamente con fonti rinnovabili e chiarire una volta per tutte che, poiché la transizione all’elettrico è nell’interesse di tutti, tutti dovranno contribuire al grande sforzo economico per realizzarla e di conseguenza le risorse dovranno venire dalla fiscalità generale, evitando penalizzazioni di particolari categorie di utenti della strada che potrebbero essere molto pericolose, come la vicenda dei gilet gialli in Francia insegna.
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