Il Parlamento Europeo ha approvato ieri, 8 giugno, le misure del pacchetto Fit for 55 sulle politiche climatiche relative al settore dei trasporti: stop alle vendite di auto nuove a benzina e diesel dal 2035
Con 399 voti a favore, 249 contro e 24 astenuti, il Parlamento Europeo ha sostenuto l’obiettivo della Commissione contenuto nel pacchetto Fit for 55 – finalizzato a contrastare i cambiamenti climatici e decarbonizzare l’economia – che riguarda la mobilità stradale: emissioni zero entro il 2035.
E, precisamente, fine della vendita di auto e veicoli commerciali leggeri a motore endotermico (benzina e diesel) dal 2035 e produzione a livello europeo di auto e LCV nuovi a zero emissioni.
Sostenuta dagli eurodeputati italiani, è stata invece approvata in plenaria la cosiddetta proposta “Salva Motor Valley”: la proroga della deroga alle regole Ue sugli standard di emissione della CO2 di cui beneficiano i produttori di nicchia (dai 1000 ai 10mila veicoli all’anno), che potranno quindi avere tempi dilazionati per raggiungere l’ambizioso obiettivo.
Non è stato invece approvato l’emendamento sull’inclusione dei biocarburanti tra le alternative per ridurre le emissioni, opportunità sostenuta anche dal Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che ieri ha dichiarato a Repubblica di considerare sensata l’inclusione di una quota del 10% di nuove auto a biocarburanti nel target 2035. Una terza via per potenziare il carburante sintetico” che però “Chi corre sull’elettrificazione non vuole”.
Niente di fatto, dunque, neppure per la proposta del Ppe (Partito popolare europeo) che, contraddicendo l’alleanza con gli altri gruppi europeisti e favorevoli al Green Deal, proponeva la riduzione del target elettrico al 2035 dal 100% al 90%.
Un’approvazione che suscita lo sconcerto della filiera automotive
Da tempo, numerosi esponenti della filiera italiana automotive stanno lanciando segnali di forte allarme.
Nel corso della recente assemblea annuale, il presidente di Anfia Paolo Scudieri sostenendo “L’innegabile la necessità di dover far fronte ai cambiamenti climatici definendo una roadmap di decarbonizzazione che veda impegnati tutti: imprese, governi, cittadini” e che “per Anfia lo sviluppo della mobilità elettrica rappresenta un pilastro fondamentale della propria mission”, è altrettanto vero il grande rischio di “ostinarsi ad abbracciare una sola tecnologia, a oggi di totale dominio asiatico, creando pericolosi squilibri nel mercato e in ambito sociale, per il forte impatto che implica sul sistema industriale”.
Un impatto anche sociale: Anfia ha infatti stimato la perdita di circa 73mila posti di lavoro nel settore, in Italia, nei prossimi anni, che non saranno compensati dalle circa 6mila nuove posizioni che creerà la mobilità elettrica.
Il numero uno di Anfia auspicava altresì un’apertura “al contributo che alla decarbonizzazione della mobilità possono dare, insieme all’elettrico, i biocombustibili (Biometano, BioLNG), i carburanti sintetici, l’idrogeno. Tecnologie su cui la filiera crede tantissimo e su cui sta già facendo grandi investimenti”.
Un auspicio che non ha avuto riscontri favorevoli e oggi – in attesa dell’ultima fase per l’approvazione definitiva delle nuove normative comunitarie – l’allarme della filiera è divenuto certezza.
a cura di Manuela Battaglino
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