Il settore della componentistica automotive italiana ha chiuso il 2023 con dati di crescita, ma le prospettive per il 2024 sembrano meno ottimistiche, evidenziando un clima di incertezza per gran parte degli operatori. L’unico segmento che prevede uno scenario di sviluppo positivo è quello dell’aftermarket, legato alla manutenzione e alla riparazione di veicoli già in circolazione, spesso più resilienti alle crisi e alle trasformazioni del settore.
La pressione della scadenza europea del 2035, anno in cui si prevede il divieto alla vendita di nuove auto con motore a combustione interna, sta spingendo molte aziende della filiera a rivedere profondamente i propri modelli di business. La risposta delle imprese è diversificata: il 34% ha scelto di orientarsi verso mercati extra UE o di sviluppare tecnologie focalizzate sull’elettrico e l’idrogeno, mentre una parte significativa (12%) sta persino valutando l’uscita dal settore per investire in nuove industrie.
Questi dati sono stati presentati nella nuova edizione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità, promosso dalla Camera di commercio di Torino e da ANFIA. La presentazione, avvenuta presso l’Auditorium del MAUTO, è stata occasione di confronto sulle sfide cruciali del settore, con una tavola rotonda dedicata alle difficoltà e alle prospettive dell’automotive in Piemonte e nel resto d’Italia.
“Seppure i dati del 2023 siano ancora positivi, l’indagine descrive una filiera pessimista, preoccupata per l’instabilità del quadro economico e per l’incertezza sui volumi produttivi e fortemente condizionata dalle strategie delle case produttrici- spiega il Presidente della Camera di commercio di Torino Dario Gallina. –Sebbene la maggioranza delle imprese realizzi prodotti destinati a qualunque tipo di veicolo, indipendentemente dall’alimentazione, la temuta scadenza europea impone un cambiamento del modello di business al 34% delle imprese, tra mantenimento della produzione per paesi extra-UE, virata verso l’elettrico o addirittura uscita dal settore auto. In questo contesto di incertezza, stabili gli investimenti in R&S, leggero calo delle imprese esportatrici e dei piani di sviluppo di nuovi powertrain, diffusa l’adozione di azioni in ambito ESG”.
Per Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica): “La crisi della domanda di autoveicoli in Europa e in Italia, l’aumento dei costi di produzione e il rallentamento degli investimenti in nuove tecnologie della mobilità stanno creando le premesse per un possibile peggioramento di scenario riguardo all’impatto della transizione industriale sull’occupazione. Secondo un recente studio di CLEPA, l’associazione europea della componentistica automotive, dal 2020 ad oggi le perdite nette di posti di lavoro nel settore in Europa hanno superato i livelli dell’era Covid-19, essendo pari a
56.000 unità nonostante le per ora disattese proiezioni del 2021, che prevedevano 100.000 nuovi posti di lavoro nella filiera del veicolo elettrico entro il 2025. Nel primo semestre 2024, sono stati annunciati tagli per ulteriori 32.000 posti di lavoro, superando i 29.000 del secondo semestre 2020. La componentistica è sotto pressione anche in Italia, dove l’impatto del perdurante calo dei volumi di veicoli prodotti rende urgente attuare misure di politica industriale per la competitività delle imprese e rende ancora più grave quanto prospettato in Finanziaria con la distrazione di circa l’80% delle risorse del Fondo automotive 2025-2030 che auspichiamo possa essere corretta nel corso dell’iter parlamentare”.
Il contesto internazionale 2023-2024
Nel 2023 l’economia globale ha subito un rallentamento, ma la dinamica è stata eterogenea: mentre gli Stati Uniti hanno mostrato dinamismo e le economie emergenti resilienza, l’Eurozona ha registrato un marcato rallentamento. Le politiche monetarie restrittive adottate dalle banche centrali per contrastare l’inflazione hanno contribuito alla decelerazione, mentre l’inflazione globale si è ridotta rispetto ai picchi del 2022.
Nel 2023 rispetto al 2022 la domanda mondiale di autoveicoli si è attestata a quasi 93 milioni di unità, +11,9%, con volumi che superano quelli del 2019 (erano oltre 92 milioni). L’andamento delle vendite mondiali è stato fortemente influenzato dalle crescite registrate in Europa (+18,7% in EU27, EFTA e Regno Unito), in Nord America (+13,4%) e nell’area Asia- Pacific (+10,2%), sebbene gli equilibri rispetto al pre-pandemia siano cambiati notevolmente. I dati del 2023, rispetto al 2019, presentano volumi in calo per l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone (rispettivamente -17,9%, -8,5% e -8%), ma sono le economie emergenti a spingere il mercato (principalmente Cina +16,7% e India +33,1%). Trainata da queste ultime, l’area BRICS rappresenta il 41,8% della domanda globale di autoveicoli, con 38,8 milioni di unità. Nel 2024 la domanda mondiale potrebbe superare i 94 milioni di autoveicoli (+2% sul 2023). La domanda di autoveicoli in Italia chiude il 2023 a 1,8 milioni, +19,1% rispetto al 2022. Se confrontato con il 2019, il calo è invece pari al 18,1%: circa 400mila veicoli in meno rispetto ai volumi pre-Covid. Per il 2024 la stima per il mercato Italia rimane al momento su volumi stabili: -0,5% rispetto al 2023 (previsioni ANFIA).
Con 93,5 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale cresce ancora nel 2023 (+10,3%), superando i volumi pre-pandemia (92 milioni nel 2019). La fabbricazione di autoveicoli cresce in tutte le aree, ma la quota di mercato dei paesi storicamente più legati all’industria automotive si riduce a favore dei paesi emergenti. Secondo le stime ANFIA, in Italia la produzione domestica di autoveicoli, pari a 880.000 unità, ha chiuso l’anno con una crescita a doppia cifra (+10,6%), ma si stima che per il 2024 i volumi della produzione italiana di autoveicoli possano abbassarsi a poco più di 600mila unità (-31% rispetto al 2023). A livello mondiale, la produzione dovrebbe invece mantenersi stabile, con volumi poco più alti rispetto al 2023, circa 94,2 milioni di unità (+0,6%), ma con un ulteriore spostamento delle dinamiche produttive verso l’Asia.
Nel 2023 rispetto al 2022 la domanda mondiale di autoveicoli si è attestata a quasi 93 milioni di unità, +11,9%, con volumi che superano quelli del 2019 (erano oltre 92 milioni). L’andamento delle vendite mondiali è stato fortemente influenzato dalle crescite registrate in Europa (+18,7% in EU27, EFTA e Regno Unito), in Nord America (+13,4%) e nell’area Asia- Pacific (+10,2%), sebbene gli equilibri rispetto al pre-pandemia siano cambiati notevolmente. I dati del 2023, rispetto al 2019, presentano volumi in calo per l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone (rispettivamente -17,9%, -8,5% e -8%), ma sono le economie emergenti a spingere il mercato (principalmente Cina +16,7% e India +33,1%). Trainata da queste ultime, l’area BRICS rappresenta il 41,8% della domanda globale di autoveicoli, con 38,8 milioni di unità. Nel 2024 la domanda mondiale potrebbe superare i 94 milioni di autoveicoli (+2% sul 2023). La domanda di autoveicoli in Italia chiude il 2023 a 1,8 milioni, +19,1% rispetto al 2022. Se confrontato con il 2019, il calo è invece pari al 18,1%: circa 400mila veicoli in meno rispetto ai volumi pre-Covid. Per il 2024 la stima per il mercato Italia rimane al momento su volumi stabili: -0,5% rispetto al 2023 (previsioni ANFIA).
Con 93,5 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale cresce ancora nel 2023 (+10,3%), superando i volumi pre-pandemia (92 milioni nel 2019). La fabbricazione di autoveicoli cresce in tutte le aree, ma la quota di mercato dei paesi storicamente più legati all’industria automotive si riduce a favore dei paesi emergenti. Secondo le stime ANFIA, in Italia la produzione domestica di autoveicoli, pari a 880.000 unità, ha chiuso l’anno con una crescita a doppia cifra (+10,6%), ma si stima che per il 2024 i volumi della produzione italiana di autoveicoli possano abbassarsi a poco più di 600mila unità (-31% rispetto al 2023). A livello mondiale, la produzione dovrebbe invece mantenersi stabile, con volumi poco più alti rispetto al 2023, circa 94,2 milioni di unità (+0,6%), ma con un ulteriore spostamento delle dinamiche produttive verso l’Asia.
LA FILIERA NEL 2023 ITALIA
Nel 2023 le 2.135 imprese che compongono l’universo della componentistica automotive ita- liana hanno impiegato nel settore circa 170.000 addetti e generato un fatturato stimato, ad esso direttamente attribuibile, pari a 58,8 miliardi di euro.
Seppure il 2023 mostri ancora una crescita del giro d’affari del +3,1% sul 2022, essa si presenta più contenuta rispetto all’anno precedente, nettamente inferiore a quanto registrato nel 2021 e, comunque, non riferibile a tutti i segmenti della filiera.
Infatti, se da un lato cresce il fatturato per gli E&D (+14,3%), per i sistemisti e modulisti (+9,3%) e per l’insieme degli specialisti (al cui interno spicca il risultato dei fornitori legati al motorsport con il +11,7%), dall’altro è la subfornitura a evidenziare una certa sofferenza che riguarda sia i subfornitori tout court (-11,3%), sia quelli delle lavorazioni (-5,4%).
Sul fronte occupazionale, nonostante emerga una stabilità del dato rispetto allo scorso anno, l’analisi per categorie di fornitura rileva, anche in questo caso, delle evidenti differenze: sono
nuovamente gli E&D e gli specialisti del motorsport a distinguersi per i migliori risultati (rispet- tivamente +21,3% e +10,1%), mentre i sistemisti e modulisti si caratterizzano per essere il segmento con il numero di addetti in diminuzione (-8,5%).
PIEMONTE
Il Piemonte si conferma il territorio con il maggior numero di imprese insediate (il 33,6%), a cui seguono la Lombardia (il 27,0%) e l’Emilia-Romagna (il 10,4%). Nel Nord Est si distingue il Veneto (il 9,0%), nel Centro Italia la Toscana (il 3,0%) e nel Mezzogiorno (isole comprese) la Campania (il 3,4%). Alle imprese con sede in Piemonte è riconducibile il 34,7% del fatturato e il 33,1% degli addetti.
Nel 2023 le 713 imprese piemontesi hanno generato un fatturato di 20,4 miliardi di euro circa e dato lavoro a 56.356 addetti.
La dinamica del fatturato, nonostante i segnali di difficoltà già emersi nella seconda parte dell’anno, si è mantenuta complessivamente positiva con una crescita media del +5,9%. A questo andamento hanno contribuito soprattutto gli E&D, ma la situazione cambia man mano che ci si allontana dai vertici della catena di fornitura: i subfornitori delle lavorazioni hanno subito una contrazione del fatturato pari al -8%. Il dato sugli addetti ha registrato una riduzione del -1,6% fra 2022 e 2023, da imputare principalmente al segmento dei sistemisti e modulisti (-11,2%), dove converge un terzo circa della forza lavoro impiegata dalle imprese della filiera piemontese.
I risultati dell’indagine sul 2023
All’indagine, somministrata nel periodo marzo-maggio, hanno contribuito 438 imprese, con un tasso di risposta del 20,3% a conferma dell’attenzione rivolta dagli operatori del settore.
Dinamiche del fatturato nel 2023
Dopo un biennio di notevole espansione della filiera, con il recupero dei livelli di attività del periodo precedente alla pandemia, nel 2023 la dinamica del fatturato delle imprese della componentistica automotive è apparsa positiva, seppure attenuata rispetto al recente passato. Si è ridotta la quota di imprese che hanno registrato nell’anno un aumento del fatturato, passata, in Italia, dal 72% al 52% e, in Piemonte, dal 65% al 57%.
La scadenza europea del 2035
In una visione di medio-lungo termine, le imprese sono state interrogate sulle strategie che verranno poste in atto in vista della scadenza europea del 2035, che prevede lo stop delle vendite di automobili nuove con motore endotermico.
Il 66% delle imprese non prevede di effettuare cambiamenti, o in quanto i prodotti realizzati non sono interessati dalla nuova normativa (il 51%) o perché l’impresa è già orientata alla produzione di componenti o servizi per veicoli ad alimentazione elettrica o fuel cell (il 15%). Il 34% delle imprese prevede invece mutamenti del modello di business che si concretizzano prevalentemente nel mantenimento di una quota parte di componentistica per motorizzazioni a combustione interna per clienti extra Ue (il 21% del totale dei rispondenti), e/o nell’intenzione di modificare propri prodotti o servizi, orientandoli all’elettrico o idrogeno (il 15%).
L’opzione di possibile uscita dal settore automotive, per aprirsi ad altri settori, coinvolge invece il 12% dei componentisti, ed è individuata come unica scelta possibile dal 6%.
I trend tecnologici
La filiera si mostra significativamente orientata verso la componentistica di prodotti e/o servizi destinati a ogni tipo di veicolo (l’84,0%) indipendentemente dall’alimentazione. Il 30,1% invece è orientato verso la produzione di componenti che caratterizzano i motori a combustione interna. Inizia, tuttavia, ad essere rilevante il numero di componentisti specializzati in parti per veicolo elettrico e infrastrutture di ricarica (il 16,4%), così come si possono identificare quelli attivi nella produzione di hardware/software per i veicoli connessi e autonomi (il 6,6%) e, in generale, nei servizi per la mobilità (il 2,7%), nonché quelli che presidiano i sistemi di alimentazione a fuel cell (il 5,5%). Sui sistemi ad alimentazione a GPL/metano operano invece il 6,8% delle imprese.
Se nella precedente edizione dell’Osservatorio, nel complesso, si era stabilizzata la partecipazione della filiera della componentistica a progetti di sviluppo di nuovi powertrain, nel triennio 2021-2023 la spinta verso tali progetti rallenta: per i powertrain ibridi ha riguardato il 26,7% delle imprese (erano il 30,0% nel triennio 2020-2022), e per quelli elettrici il 23,6%, circa cinque punti percentuali in meno rispetto al triennio in esame nella scorsa rilevazione. Resta invece pressocché stazionaria la quota di imprese che ha preso parte a progetti di riduzione delle emissioni sul motore a combustione interna, attraverso nuovi materiali e alleggerimento del peso dei veicoli (il 24,1%).
Relazioni della filiera con Stellantis e Iveco
Nel 2023 si consolida la quota di imprese che risultano avere Stellantis e/o Iveco, direttamente o indirettamente, nel proprio portafoglio clienti: è pari al 69,4% (era il 68,4% nel 2022), ma nettamente inferiore sia al 2021, quando era del 72,9%, sia agli anni ancora precedenti. In Piemonte le vendite a Stellantis e/o Iveco riguardano una quota più alta di imprese, il 78,5%, ma anch’essa in riduzione se paragonata al 2021 (era l’80,6%).
Diminuisce, tuttavia, nell’ultimo triennio, la quota di operatori che hanno generato da vendite a Stellantis/Iveco oltre il 50% del volume di affari (in Italia dal 39,6% del 2021 al 32,8% del 2023, in Piemonte dal 50,6% al 40,1%). Il fatturato medio generato da vendite a Stellantis/Iveco, dopo la forte riduzione evidenziata nel 2022, mostra una sostanziale stabilità, ma in Piemonte continua a ridursi.
Propensione all’internazionalizzazione
Leggero calo delle imprese che dichiarano di vendere i propri prodotti sui mercati esteri: risultano il 79,4% a fronte del 80,7% della scorsa edizione; si stabilizza la quota di fatturato automotive riconducibile a tali vendite pari al 46,2%.
R&S
Pressoché stabile la quota di imprese che ha indirizzato investimenti (il 66%) e impiegato addetti nelle attività di R&S (il 68%), nonché, nel tempo, il numero di imprese che ha depositato brevetti (il 18%). Nel triennio 2021-2023, le innovazioni di prodotto hanno riguardano il 53% delle imprese e quelle di processo il 72%, entrambe in crescita rispetto all’edizione precedente. Si accentua l’orientamento a forme di collaborazione fra imprese per sviluppare progetti R&S (il 45% le ha poste in essere o previste nel breve periodo, a fronte del 35% dell’anno precedente), in un contesto in cui aumentano le relazioni con altre realtà imprenditoriali,
principalmente per accedere a nuovi settori e per efficientare i costi. È con la filiera piemontese che vengono attivate più forme di cooperazione (con il 60% delle risposte), seguita da quelle della Lombardia (il 49%), dell’Emilia-Romagna (il 32%) e del Veneto (il 25%).
ESG
Cresce l’attenzione e la sensibilità delle imprese dell’automotive verso il tema della sostenibilità e della responsabilità aziendale: le imprese che hanno già adottato un’azione in linea con i criteri ESG (Environment, Social e Governance) sono il 78% se si considera il tema ambientale, l’83% nell’ambito sociale e il 72% nella Governance. Rispetto al 2022 si è osservato un aumento sia degli operatori che le hanno già avviate sia di quelli che intendono farlo nei prossimi 12 mesi.
In particolare, fra le varie azioni di tipo ambientale, il 74,5% delle imprese ha posto in atto una politica di trattamento dei rifiuti non pericolosi e l’11,5% ha in programma di farlo nel prossimo anno, così come per il trattamento di rifiuti di tipo pericoloso (rispettivamente il 72,2% e il 10,3%). In tale categoria, emerge anche una particolare attenzione all’adozione di strumenti in grado di monitorare l’energia consumata e all’acquisto/produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Fra le azioni in ambito sociale è alta la percentuale di rispondenti che ha adottato, o intende farlo, politiche supplementari in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, pari a quasi il 91%, e otto su dieci hanno già provveduto, ma anche di quelli che si sono mossi nella gestione delle tematiche della diversità, dell’inclusione, e delle pari opportunità (il 58,5%) o intendono farlo (il 22,3%).
In ultimo, nella dimensione legata alla governance, spicca il dato relativo alle imprese che hanno già attivato politiche di anticorruzione (il 64,5%) e di quelle che chiedono ai propri fornitori il rispetto dei diritti umani (il 63,2%). Il 14% degli intervistati prevede di operare in futuro in tali direzioni.
La domanda di policy da parte delle imprese
Alle imprese della componentistica è stato domandato un giudizio sull’efficacia, nel recente passato, e sull’utilità in futuro delle misure di sostegno alla filiera automotive adottate dalle istituzioni pubbliche. Confermando i risultati della precedente rilevazione, viene espressa una valutazione positiva soprattutto sull’efficacia delle iniziative dirette al contenimento dei costi dell’energia (il 71% delle imprese), che restano prioritarie anche nel futuro (il 79%).
Un alto giudizio in termini sia di efficacia passata (il 56%), sia di attese (il 75%) è raccolto dai finanziamenti e dagli sgravi fiscali per attività R&S; viceversa, per la misura di creazione di un fondo di supporto alla transizione industriale a livello nazionale ed europeo, è elevata l’esigenza di intervento per il futuro (il 68%) a fronte di un giudizio più modesto su quanto già adottato (efficace per il 39%). Diminuisce la valutazione positiva sull’adeguatezza degli incentivi per le nuove immatricolazioni e delle misure di sostegno per la digitalizzazione, che permangono di assoluta priorità per sei imprese su dieci.
Nell’insieme, vengono considerati meno incisivi gli interventi previsti per la riconversione delle competenze, e soprattutto gli incentivi messi in campo per le infrastrutture di ricarica, ambito nel quale l’Italia sconta ancora un significativo ritardo rispetto ad altri Paesi europei e sul quale quasi un’impresa su due continua a esprimere istanze per misure specifiche.
L’estensione della CIG (Cassa Integrazione Guadagni), è una priorità per il futuro imminente per oltre 4 imprese su dieci, ma le ultime informazioni statistiche mostrano, specie per il Piemonte, un crescente ricorso agli ammortizzatori sociali per il settore automotive.
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