Doccia gelata sulle speranze di un pronto recupero dell’economia italiana dopo la stangata del Coronavirus nel 2020. Nel primo trimestre 2021 il Pil non aumenta, ma accusa anzi un calo dello 0,4% sul trimestre precedente.
Nello scorso anno dopo un calo del 5,6% nel primo trimestre e del 12,9% nel secondo trimestre si era avuto un recupero del 15,8% nel terzo trimestre, ma nel quarto trimestre vi è stato un nuovo calo dell’1,8%. A questo dato negativo segue ora il calo dello 0,4% di cui si è detto, che è il secondo calo consecutivo trimestrale e indica quindi che il rimbalzo del terzo trimestre 2020 si è già esaurito e che la recessione continua e si aggrava.
L’Italia nell’intero 2020 aveva accusato un calo più consistente (-8,9%) di quello degli altri grandi paesi dell’Unione Europea. In Francia il calo era stato infatti dell’8,1% e in Germania del 4,9%. La contrazione del primo trimestre di quest’anno getta dunque un’ombra sinistra sulla prospettiva di un pronto rimbalzo dell’economia italiana dopo il crollo del 2020. E questa situazione diventa ancora più preoccupante se si considera che, prima della crisi da Coronavirus, cioè nel 2019 (dopo una lunga stagnazione), l’Italia, a differenza di tutti i suoi principali competitors in Europa e nel mondo, accusava ancora un calo del 3,9% sul 2007, che è l’anno che ha preceduto la penultima grande crisi mondiale, quella innescata dai mutui sub-prime e dal fallimento di Lehmann Brothers.
In questa situazione – sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – non si può non segnalare che l’Unione Europea e l’Italia stanno affrontando l’impatto economico della pandemia con grande lentezza (del Recovery Plan si parla da un anno e di concreto non si è ancora visto nulla), mentre in altre realtà, ed in particolare negli Stati Uniti, i tempi di reazione sono incomparabilmente più brevi e l’entità delle risorse messe in campo è incomparabilmente più elevata.
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