Senza la catena di fornitura italiana anche i Costruttori auto tedeschi rimangono fermi. È quanto hanno ribadito i vertici di Volkswagen, BMW e Daimler, che mercoledì scorso hanno avuto un confronto con Merkel per fare il punto sulla drammatica situazione che sta vivendo l’intero comparto automotive. Quel che appare chiaro è che, oggi più che mai, occorre ragionare in un’ottica europea, perché la produzione tedesca – e non solo – potrà ripartire solo quando ripartiranno i loro fornitori italiani e spagnoli.
Sono tuttavia i fornitori, in particolate i terzisti e le aziende più piccole della catena di fornitura, ad avere attualmente le maggiori difficoltà a livello di liquidità. E se queste aziende non riusciranno a sopravvivere all’urto della pandemia del Coronavirus si rischiano interruzioni nelle catene di fornitura, con gravi ripercussioni per tutta la filiera automotive. Con filiere fortemente integrate quali sono quelle delle componetistica, le conseguenze sono evidenti e appare quindi prioritario un intervento condiviso a livello europeo.
Come ha sottolineato negli scorsi giorni Acea, l’Associazione europea dei produttori di automobili, l’emergenza Covid-19 sta mettendo a rischio 13,8 milioni di posti di lavoro in Europa per quanto riguarda il settore automotive nel suo complesso, indotto compreso. Il fermo delle fabbriche (finora mediamente 16 giorni lavorativi) ha determinato una perdita produttiva di almeno 1.231.038 autoveicoli.
Anche la Germania sta pagando un prezzo molto alto, visto che da solo l’automotive tedesco vale il 12% del Pil nazionale. Attualmente in Germania 568.518 lavoratori sono a casa e i volumi sono diminuiti di 359.287 veicoli.
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