Secondo l’ultimo studio ACI-CNR-ENEA – dal titolo “Per una transizione energetica eco-razionale della mobilità automobilistica” – nel 2030 le auto termiche rappresenteranno l’82% del parco circolante, le ibride il 10%, le elettriche (BEV e PHEV) quasi il 9%.
Attualmente in Italia il 35% delle auto è ante Euro 4. Secondo lo studio l’Italia – grazie agli sforzi congiunti tra industria dell’auto e dell’energia, e ai significativi risultati già conseguiti dai veicoli benzina e diesel in fatto di riduzione delle emissioni inquinanti (PM, CO, NOx) – dovrebbe sfiorare l’obiettivo 2030, cioè di ridurre a 49 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti le emissioni di “gas serra” in uno scenario tendenziale che non prevede politiche incentivanti.
Entro il 2030 l’82% delle auto continuerà comunque ad avere un motore a benzina o a gasolio
ACI, CNR ed ENEA sottolineano che – dato che i veicoli non inquinano soltanto nella fase d’uso – le emissioni devono essere valutate durante tutte le fasi del ciclo di vita: produzione, distribuzione, trasporto, uso, dismissione e riuso. Nella fase di produzione, ad esempio, le auto elettriche emettono l’82% in più di CO2 di quelle termiche, per recuperare nella fase d’esercizio, arrivando a “pareggio emissivo” dopo circa 45.000 km. Con l’aumento delle percorrenze, però, aumentano i vantaggi emissivi dell’auto elettrica: a 150.000 km l’auto elettrica produce emissioni di CO2 inferiori di almeno il 20% di un’autovettura termica.
Lo studio invita inoltre a considerare il fatto che con la diffusione dell’auto elettrica e con i minori consumi legati al progresso dei motori, si ridurranno le entrate fiscali derivanti dalle accise sui carburanti che nel 2018 hanno generato – per le sole autovetture – entrate pari a 18,474 miliardi.
Non va inoltre sottovalutato il rilevante contributo che anche i veicoli ibridi, a metano e GPL potranno offrire al raggiungimento dei target ambientali. Un veicolo a metano, ad esempio, presenta oggi emissioni inferiori a 95 g CO2/km: un valore già in linea con gli obiettivi europei.
Ad emergere è inoltre che onostante i moderni veicoli euro 6 abbiano ridotto sensibilmente le emissioni, nonché migliorato gli standard di sicurezza (un veicolo di recente immatricolazione ha quasi il 50% di probabilità in meno di essere coinvolto in un incidente stradale grave), nelle regioni con PIL pro-capite più basso, solo un veicolo su 10 è di classe Euro 6.
“La transizione eco-razionale della mobilità – ha dichiarato il Presidente ACI Angelo Sticchi Damian –consentirà di raggiungere il contenimento delle emissioni di C02 su livelli prossimi agli obiettivi fissati dall’Europa al 2030. Un’ulteriore auspicabile accelerazione di questo percorso potrà arrivare dal sostegno a rottamare le vecchie auto da Euro 0 a 3, le più inquinanti, con auto più sicure e avanzate, quali, ovviamente, le ultimissime Euro 6d e come anche le recenti e più accessibili Euro 4 e Euro 5.”
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